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Kelly Cordes, alpinista e scrittore statunitense, ha scritto recentemente su quanto la tecnologia e la conoscenza delle previsioni meteo abbiano radicalmente cambiato in positivo l’arrampicata in Patagonia, terra di micidiali e rinomate tempeste e venti sferzanti, luogo di difficoltà estrema nello scalare montagne non particolarmente alte: nessuna raggiunge i 4000 metri. Cime Tempestose di oggi è la sintesi del suo racconto, il cui incipit è particolarmente incisivo :
“Immaginatevi stanchi e logori, accampati nei boschi della Patagonia, appena tornati da un tentativo in cui una ventosa finestra di brutto tempo si abbatteva su di voi mentre vi trovavate a 1000 metri di altezza in parete. Come se la furia degli Dei fosse improvvisamente scesa su di voi ; eppure, in qualche modo, siete sopravvissuti. Il vostro corpo è completamente intorpidito, il vento furioso soffia contro la parete, non riuscite nemmeno a sentire il vostro partner urlarvi da un metro di distanza. Ogni secondo, ogni minuto di ogni ora, per un totale di dodici ore rimanete immersi in una paura primordiale. Barcollando in ritirata , arrivate al campo e vi schiantate in un sonno senza sogni. Non dormite da oltre trenta ore e mentre la tempesta infuria, sperate in una sola cosa: che continuasse, quella maledetta bufera, in modo da non dover nemmeno pensare di tornare là fuori a scalare. Ma nel bel mezzo della notte vi svegliate per pisciare ..borbottando vi siete rigirati nel sacco, avete aperto la zip della tenda e siete usciti fuori. Attraverso gli occhi cisposi il vostro sguardo è rivolto sugli spazi tra gli alberi : le stelle splendono luminose. E il vostro pensiero è… Ma vaffanculo ! ”
Nel suo libro del 2000 intitolato “Grandi Pareti”, Reinhold Messner scrisse: “Il grosso problema sul Cerro Torre, e in generale di ogni montagna in Patagonia , sono le tempeste. Ogni parete della zona in realtà dovrebbe essere considerata e misurata due volte la sua altezza. ”
Ma questo era il passato, la Vecchia Patagonia. Prima dell’arrivo del più grande cambiamento nella Storia della arrampicata patagonica.
Questo cambiamento ha influenzato ogni elemento dell’alpinismo in quel lembo di sud america, soprattutto l’attenzione alla Via più infame e bizzarra della zona: La Via del Compressore, sul Cerro Torre. Nel corso di due viaggi nel 1970 (a volte erroneamente collocati nel 1971), l’ alpinista italiano Cesare Maestri utilizzò un compressore a benzina come martello pneumatico per piantare quattrocento chiodi, la maggior parte di loro distanziati come pioli di una scala, sulla cresta sud-est della montagna. Non arrivò nemmeno in vetta, perché considerava il fungo di neve “non parte della montagna”.
Anche se Maestri tornò a casa accolto da una fanfara formidabile, ben presto le critiche e lo sdegno si riversarono su di lui e sulla sua discutibilissima impresa. La maggior parte di loro considerava le sue tattiche un affronto allo spirito dell’alpinismo e alle regole da tempo stabilite di fair play.
Tuttavia, nei decenni successivi e nonostante ciò, successe l’imprevedibile : La Via del Compressore diventò la via più popolare sul Cerro Torre.
Più gli alpinisti affollavano la Patagonia, più gli anni passavano – spesso consecutivamente – senza che il Cerro Torre venisse scalato nemmeno una volta . Stagioni senza cima, tentativi da incubo conclusi con tempeste infernali e i rari successi rafforzarono ulteriormente il ruolo della Via del Compressore come parte integrante della tradizione del Cerro Torre. Per molti alpinisti, l’affronto morale della scaletta di chiodi di Maestri diventò trascurabile.
I racconti del terrore erano onnipresenti. Quando arrivavano tempeste da ovest, se vi foste trovati in cima alla Via del Compressore, non avreste capito di essere nei guai fino a quando non fosse stato chiaro che era ormai troppo tardi per ritirarvi , cercando la sicurezza della foresta , come soldati sconfitti in battaglia, con gli occhi vitrei e gli sguardi attoniti.
A cavallo tra Novembre e Dicembre 2008, ai tempi in cui sul massiccio di Chaltén arrivò un periodo lungo quasi due settimane, di cielo sereno – – il numero di ripetizioni lungo la Via del Compressore era cresciuto troppo per contarle, sicuramente ben oltre un centinaio. Quella inconsueta finestra di bel tempo alla fine del 2008, però, fu diversa. Non solo per la sua durata, ma perché tutti sapevano che stava arrivando.
Ci sono molti modi per raccogliere dati meteo, come le stazioni di osservazione di superficie, le boe oceaniche, le foto satellitari di nubi ad altezze differenti e intervalli di tempo, che indicano cose come la velocità del vento e la concentrazione di umidità atmosferica.
Anche se i dati sono relativamente scarsi in posti meno popolati come la Patagonia, praticamente nulla si frappone tra le tempeste nel Pacifico e il Massiccio patagonico di Chaltén, rendendo più facili le previsioni, per paradossale mancanza di variabili climatiche ed orografiche che possano complicarle o renderle inaffidabili : in sostanza, quando è annunciata una tempesta, quella arriva sempre , così come quando il bel tempo è annunciato.
Per questa peculiare caratteristica, e a differenza di molte destinazioni alpinistiche importanti, i dati raccolti permettono previsioni meteo incredibilmente precise.
Nella stagione 2004-05, l’ alpinista tedesco Thomas Huber decise di controllare se il suo meteorologo-guru, Karl Gabl [lo stesso usato da altri alpinisti famosi come Simone Moro], potesse fornire le previsioni per la Patagonia da lontano. “Non avevamo idea se avrebbe funzionato” mi ha detto Thomas. “Ma funzionò, tutti mi guardavano per capire se avrei scalato o meno, gli altri alpinisti pensavano che io ricevessi da Innsbruck i segreti del meteo. Fu una prima, grande, stagione. Non solo per la Patagonia, ma in tutto il mondo, le previsioni meteo cambiarono e di molto, l’alpinismo “.
Come quelle di Gabl hanno dimostrato nel corso degli anni, le previsioni meteo relative a zone di montagna richiedono conoscenze specifiche per essere accurate. Anche potendo imparare come si fanno, si avrebbe bisogno di accedere a tutte le informazioni, il che richiede un accesso a Internet che sia funzionale.
Internet non è arrivato a El Chaltén, la cittadina base di partenza di ogni spedizione patagonica, fino al 2003. Il primo Internet café è arrivato nel 2004 ma con una connessione malfunzionante.
Nel 2006 Rolando Garibotti , guru dell’alpinismo patagonico, ha appreso la conoscenza e il modo di utilizzare i dati meteo e ben presto gli alpinisti hanno cominciato a bussare alla sua porta per avere previsioni o istruzioni su come ricavarle. Conoscere bene il meteo in Patagonia è come possedere un biglietto per lo spettacolo di prima fila . Per questo Rolando si è successivamente deciso a scrivere una lunga email di istruzioni – ora diventata una sezione specifica, per le previsioni meteo del sito web pataclimb.com.
Nel giro di pochi anni da quella stagione 2004-05, le previsioni sono divenute così precise che gli alpinisti oggi possono tranquillamente lasciarsi alle spalle la maggior parte dell’attrezzatura necessaria in caso di tempeste, rendendo i carichi leggeri e l’ arrampicata più veloce. Rimuovete la paura paralizzante di essere bloccati in una di quelle tempeste leggendarie e frequente fino ai primi anni duemila e capirete l’enorme svolta che le previsioni meteorologiche contemporanee, sempre più precise, hanno portato in dote all’ arrampicata in Patagonia e agli alpinisti impegnati sulle vette più importanti del pianeta
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